giovedì 31 dicembre 2015

GIORNATA DELLA PACE, IL PAPA: 'VINCI L'INDIFFERENZA E CONQUISTA LA PACE'

Il Messaggio di Papa Francesco per la 49.ma Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2016) ha come tema “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”. Nonostante guerre, persecuzioni, terrorismo, il Papa ha voluto evidenziare come ci siano segnali di speranza che l’uomo può “superare il male e non abbandonarsi alla rassegnazione e all’indifferenza”. Diverse le forme di indifferenza prese in esame dal Pontefice: da quella verso Dio a quella nei confronti del prossimo, da quella verso il rispetto dei diritti a quella nei confronti dell’ambiente. Per uscire da questo circolo vizioso l’unica via possibile, afferma il Santo Padre, è quella della conversione del cuore, dall’indifferenza alla misericordia. L’invito, esplicito, è quello a “fermarsi davanti alle sofferenze di questo mondo per alleviarle, alle ferite degli altri per curarle, con i mezzi di cui si dispone, a partire dal proprio tempo, malgrado le tante occupazioni”. Francesco ha poi invitato anche gli Stati a concreti gesti di pace nel Giubileo della Misericordia: verso i detenuti (abolizione della pena di morte e valutazione della possibilità dell’amnistia), verso i migranti, verso chi è senza lavoro, terra e tetto, verso i malati (accesso alle cure per tutti). In conclusione il Papa ha voluto formulare un triplice appello: no alla guerra, cancellazione del debito verso i Paesi più poveri, politiche di cooperazione rispettose dei valori dei popoli e del diritto alla vita dei nascituri.

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venerdì 25 dicembre 2015

IL PAPA: 'MONDO EBBRO DI CONSUMI, GESU' CHIAMA A SOBRIETA''

In un mondo "ebbro" di lussi, consumi, narcisismi, l'arrivo di Gesù nel Natale richiama a "comportamenti sobri", a saper "vivere l'essenziale". E anche a lasciarsi alle spalle la "cultura dell'indifferenza", per improntare la vita alla pietà e alla misericordia. Nel Natale del Giubileo straordinario, dedicato appunto alla misericordia, celebrando la messa della notte in San Pietro papa Francesco ha voluto sintetizzare così, con parole semplici, profonde, e anche in controtendenza rispetto al pensiero corrente, il significato che deve assumere per la società d'oggi il messaggio della venuta di Gesù tra gli uomini. "Non c'è posto per il dubbio; lasciamolo agli scettici che per interrogare solo la ragione non trovano mai la verità - ha detto il Pontefice nell'omelia, parlando della 'gioia e letizia' di cui è intriso il mistero della notte di Natale -. Non c'è spazio per l'indifferenza, che domina nel cuore di chi non riesce a voler bene, perché ha paura di perdere qualcosa. Viene scacciata ogni tristezza, perché il bambino Gesù è il vero consolatore del cuore". Con la nascita del Figlio di Dio "tutto cambia", ha osservato Francesco. "Questo Bambino - ha spiegato - ci insegna che cosa è veramente essenziale nella nostra vita. Nasce nella povertà del mondo, perché per Lui e la sua famiglia non c'è posto in albergo. Trova riparo e sostegno in una stalla ed è deposto in una mangiatoia per animali". Eppure, "da questo nulla, emerge la luce della gloria di Dio". Secondo il Pontefice, "a partire da qui, per gli uomini dal cuore semplice inizia la via della vera liberazione e del riscatto perenne". "Da questo Bambino, che porta impressi nel suo volto i tratti della bontà, della misericordia e dell'amore di Dio Padre - ha proseguito -, scaturisce per tutti noi suoi discepoli, come insegna l'apostolo Paolo, l'impegno a 'rinnegare l'empietà' e la ricchezza del mondo, per vivere 'con sobrietà, con giustizia e con pietà'". "In una società spesso ebbra di consumo e di piacere, di abbondanza e lusso, di apparenza e narcisismo - ha quindi aggiunto Bergoglio -, Lui ci chiama a un comportamento sobrio, cioè semplice, equilibrato, lineare, capace di cogliere e vivere l'essenziale". In un mondo "che troppe volte è duro con il peccatore e molle con il peccato, c'è bisogno di coltivare un forte senso della giustizia, del ricercare e mettere in pratica la volontà di Dio". "Dentro una cultura dell'indifferenza, che finisce non di rado per essere spietata - ha esortato -, il nostro stile di vita sia invece colmo di pietà, di empatia, di compassione, di misericordia, attinte ogni giorno dal pozzo della preghiera". La sua visione del Natale, fatta di misericordia e di tenerezza, Bergoglio l'ha evocata anche in un tweet sul suo account @Pontifex: "Dio è innamorato di noi. Si fa piccolo per aiutarci a rispondere al suo amore". E oggi, nel messaggio natalizio e nella benedizione "Urbi et Orbi" dalla loggia centrale di San Pietro, sarà il momento per il Papa di entrare nelle tante tragedie che oggi segnano il mondo, nelle violenze terroristiche perpetrate in nome delle religioni, nei conflitti della "terza guerra mondiale combattuta a pezzi", con l'appello alla pace e alla riconciliazione che non può non venire da questo Natale dell'Anno giubilare. (Ansa)

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mercoledì 23 dicembre 2015

LA MESSA DI NATALE IN DIRETTA RADIO GRAZIE A... IO VIAGGIO CON DIO

Radio Gold Fabriano trasmette in diretta la celebrazione della Santa Messa della Notte di Natale. L’appuntamento è per il 24 dicembre dalla Cattedrale Basilica di San Venanzio. Alle ore 23,30 l'approfondimento a cura del giornalista Marco Antonini. A seguire, Mons. Giancarlo Vecerrica celebrerà, insieme al parroco don Alfredo Zuccatosta, la Santa Messa della Notte animata dalla corale parrocchiale. Si potrà seguire la diretta radiofonica anche in streaming e con l’applicazione per cellulare. La trasmissione della Santa Messa sarà trasmessa in diretta anche da Radio Center Music. Evento realizzato grazie a Io viaggio con Dio - Go Asia, tour operator specializzato anche nei pellegrinaggi in collaborazione con Orp con sede ad Ancona. 

L'ALBERO DI NATALE PIU' GRANDE DEL MONDO

Gubbio e l’Albero di Natale più Grande del Mondo: anche quest’anno gli “Alberaioli” hanno tenuto fede all’impegno preso da chi nel 1981 per la prima volta realizzò l’Albero sulle aspre pendici del Monte Ingino, concretizzando un sogno contro ogni logica e buon senso che è stato acceso nel week end dell’Immacolata. Dopo Papa Francesco, per questa 35^ edizione dell’ l’Albero di Natale più Grande del Mondo testimonial d’eccezione è l’organizzazione umanitaria internazionale Medici Senza Frontiere, premio Nobel per la pace 1999.

La figura di un immenso albero di Natale è realizzata disponendo con sapienza sulle selvagge pendici del Monte Ingino, alle spalle della splendida città medioevale di Gubbio, corpi illuminanti di vario tipo e colore, che disegnano un effetto cromatico assolutamente particolare e unico: si distende, con una base di 450 metri, per oltre 750 metri (poco meno di trenta campi di calcio) nascondendo le sue radici nelle mura della città medioevale e arrivando con la sua grande stella alla basilica del Patrono, Sant’Ubaldo, posta in cima alla montagna. Disegnare con una luminaria un oggetto ben preciso che ha le dimensioni di poco meno di trenta campi di calcio non è cosa semplice; se poi si pensa che quella superficie è costituita dalle selvagge pendici di una montagna allora si comincia ad immaginare le difficoltà del nostro lavoro. Se poi vuoi meglio capire perché gli Eugubini si dice che siano “matti” aggiungi che tutto è fatto gratuitamente per puro spirito di volontariato.



 I numeri

1981 la prima realizzazione
1000 mq la superficie della Stella
200 le luci che concorrono a disegnare la stella
260 le luci che concorrono a disegnare la sagoma dell’Albero
270 le luci multicolori presenti all’interno della sagoma dell’Albero
8.500 ml la lunghezza totale dei cavi utilizzati per i collegamenti
650 m l’altezza dell’Albero
350 m la larghezza dell’Albero alla sua base
1350 le prese e le spine utilizzate per le connessioni di cavi e punti luce
53 i Soci del comitato
7 il numero dei membri del Consiglio Direttivo
1.900 le ore di lavoro necessarie al montaggio dell’Albero
35 i Kw necessari ad accendere tutte le luci
68 le testate giornalistiche che fino ad oggi hanno parlato di noi…

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giovedì 17 dicembre 2015

BUON COMPLEANNO PAPA FRANCESCO!


Oggi, giovedì 17 dicembre, Papa Francesco compie 79 anni. E alla fine dell’udienza generale di ieri in piazza San Pietro, quando lo speaker ha ricordato il compleanno del Pontefice, e partito prima un lungo applauso e poi i fedeli (circa 15mila) hanno intonato per lui il classico «Tanti auguri a te». Poi, durante il rituale «baciamano», sono anche risuonate in piazza le note del tango. Il tipico ballo argentino, tanto caro a Francesco. Un gruppo musicale ha invece improvvisato un concertino augurale in spagnolo. Durante l’esecuzione dei brani, il Papa si è intrattenuto con i musicisti e ha ascoltato al loro fianco la canzone eseguita per lui. Poi ha salutato e abbracciato i componenti, uno a uno.

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domenica 13 dicembre 2015

APERTA PORTA GIUBILARE NELLA SANTA CASA DI LORETO



Migliaia di pellegrini hanno affollato ieri pomeriggio la basilica della Santa Casa e Piazza della Madonna a Loreto per l'apertura della Porta Santa, che ha dato il via alla celebrazione del Giubileo straordinario della Misericordia. E' stato l'arcivescovo e delegato pontificio di Loreto mons. Giovanni Tonucci ad aprire la porta, quella a sinistra (guardando verso la basilica) dell'ingresso principale, in bronzo, realizzata da Tiburzio Vergelli di Camerino tra il 1590 e il 1596,attrezzata per l'occasione con una passerella per far passare le sedie a rotelle. Il percorso del corteo è partito dalla statua dedicata a Giovanni XXIII, all'esterno della piazza. Tra i pellegrini anche numerose delegazioni di religiosi venuti da tutto il mondo.  Imponenti le misure di sicurezza: i pellegrini hanno dovuto aprire borse e zaini per i controlli prima di accedere all'area delle celebrazioni. (Ansa)


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giovedì 10 dicembre 2015

LA SOGLIA DELLA MISERICORDIA

È questa la porta del Signore. Apritemi le porte della giustizia. Per la tua grande misericordia entrerò nella tua casa, Signore”: dopo questi tre passaggi biblici, nel giorno dell'Immacolata Papa Francesco ha aperto la Porta Santa nella Basilica di San Pietro, sostando alcuni minuti in preghiera sulla soglia. Poi, per primo, ne ha varcato la soglia. Subito dopo di lui, il Papa emerito Benedetto XVI. Poco prima, nell’omelia della S. Messa in Piazza San Pietro, il Papa ha ribadito che “Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio sarà sempre nella luce della sua misericordia”. E, riferendosi al gesto che avrebbe compiuto al termine della celebrazione, ha spiegato: “Entrare per quella Porta significa scoprire la profondità della misericordia del Padre che tutti accoglie e ad ognuno va incontro personalmente. È Lui che ci cerca, è Lui che ci viene incontro”. Nell’omelia anche l’anniversario della conclusione del Concilio, quando Papa Francesco ha ricordato che “è stato un incontro, un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo”; “un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa a uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in se stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario”. In definitiva, “era la ripresa di un percorso per andare incontro ad ogni uomo là dove vive: nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro”; quindi, “un’altra porta che, cinquant’anni fa, i Padri del Concilio Vaticano II spalancarono verso il mondo”.

Il testo integrale dell’omelia del Papa


Tra poco avrò la gioia di aprire la Porta Santa della Misericordia. Compiamo questo gesto - come ho fatto a Bangui - tanto semplice quanto fortemente simbolico, alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, e che pone in primo piano il primato della grazia. Ciò che ritorna più volte in queste Letture, infatti, rimanda a quell’espressione che l’angelo Gabriele rivolse a una giovane ragazza, sorpresa e turbata, indicando il mistero che l’avrebbe avvolta: «Rallegrati, piena di grazia» (Lc 1,28). La Vergine Maria è chiamata anzitutto a gioire per quanto il Signore ha compiuto in lei. La grazia di Dio l’ha avvolta, rendendola degna di diventare madre di Cristo. Quando Gabriele entra nella sua casa, anche il mistero più profondo, che va oltre ogni capacità della ragione, diventa per lei motivo di gioia, motivo di fede, motivo di abbandono alla parola che le viene rivelata. La pienezza della grazia è in grado di trasformare il cuore, e lo rende capace di compiere un atto talmente grande da cambiare la storia dell’umanità. La festa dell’Immacolata Concezione esprime la grandezza dell’amore di Dio. Egli non solo è Colui che perdona il peccato, ma in Maria giunge fino a prevenire la colpa originaria, che ogni uomo porta con sé entrando in questo mondo. E’ l’amore di Dio che previene, che anticipa e che salva. L’inizio della storia di peccato nel giardino dell’Eden si risolve nel progetto di un amore che salva. Le parole della Genesi riportano all’esperienza quotidiana che scopriamo nella nostra esistenza personale. C’è sempre la tentazione della disobbedienza, che si esprime nel voler progettare la nostra vita indipendentemente dalla volontà di Dio. E’ questa l’inimicizia che attenta continuamente la vita degli uomini per contrapporli al disegno di Dio. Eppure, anche la storia del peccato è comprensibile solo alla luce dell’amore che perdona. Il peccato si capisce soltanto sotto questa luce. Se tutto rimanesse relegato al peccato saremmo i più disperati tra le creature, mentre la promessa della vittoria dell’amore di Cristo rinchiude tutto nella misericordia del Padre. La parola di Dio che abbiamo ascoltato non lascia dubbi in proposito. La Vergine Immacolata è dinanzi a noi testimone privilegiata di questa promessa e del suo compimento. Questo Anno Straordinario è anch’esso dono di grazia. Entrare per quella Porta significa scoprire la profondità della misericordia del Padre che tutti accoglie e ad ognuno va incontro personalmente. E’ Lui che ci cerca! E’ Lui che ci viene incontro! Sarà un Anno in cui crescere nella convinzione della misericordia. Quanto torto viene fatto a Dio e alla sua grazia quando si afferma anzitutto che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre invece che sono perdonati dalla sua misericordia (cfr Agostino, De praedestinatione sanctorum 12, 24)! Sì, è proprio così. Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia. Attraversare la Porta Santa, dunque, ci faccia sentire partecipi di questo mistero di amore, di tenerezza. Abbandoniamo ogni forma di paura e di timore, perché non si addice a chi è amato; viviamo, piuttosto, la gioia dell’incontro con la grazia che tutto trasforma. Oggi, qui a Roma e in tutte le diocesi del mondo, varcando la Porta Santa vogliamo anche ricordare un’altra porta che, cinquant’anni fa, i Padri del Concilio Vaticano II spalancarono verso il mondo. Questa scadenza non può essere ricordata solo per la ricchezza dei documenti prodotti, che fino ai nostri giorni permettono di verificare il grande progresso compiuto nella fede. In primo luogo, però, il Concilio è stato un incontro. Un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in sé stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario. Era la ripresa di un percorso per andare incontro ad ogni uomo là dove vive: nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro… dovunque c’è una persona, là la Chiesa è chiamata a raggiungerla per portare la gioia del Vangelo e portare la misericordia e il perdono di Dio. Una spinta missionaria, dunque, che dopo questi decenni riprendiamo con la stessa forza e lo stesso entusiasmo. Il Giubileo ci provoca a questa apertura e ci obbliga a non trascurare lo spirito emerso dal Vaticano II, quello del Samaritano, come ricordò il beato Paolo VI a conclusione del Concilio. Attraversare oggi la Porta Santa ci impegni a fare nostra la misericordia del buon samaritano.



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martedì 8 dicembre 2015

LA NOTTE DELLA VENUTA DELLA MADONNA DI LORETO

Sono iniziate ieri a Loreto le feste mariane, con una messa per la solennità dell'Immacolata celebrata dall'arcivescovo prelato mons. Giovanni Tonucci. Basilica transennata e vigilanza rafforzata in vista degli eventi legati al Giubileo. Domani, 10 dicembre, sarà il card. Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo, a celebrare alle 11 la messa in Basilica, nel giorno della Festa della Beata Vergine Maria. Menichelli presiederà anche la veglia di preghiera di questa notte, cui seguirà una processione con la statua della Vergine. Oggi pomeriggio si tiene la benedizione del fuoco in piazza della Madonna e la rievocazione storica della 'venuta'. "Questa notte - ricordano gli storici - in occasione della "Festa della Venuta", che ricorda il trasporto a Loreto della casa della Madonna, le campagne intorno a Loreto si accendono di fuochi e tutte le campane suonano a festa. Molta folla accorre, anche a piedi, dai paesi vicini per assistere alla solenne processione con la Madonna che esce ancora dalla sua 'casa' per andare incontro ai suoi figli."

Da circa un trentennio la traslazione angelica della Santa Casa di Nazareth a Loreto, così come raccontato nei secoli dalla tradizione, è stata derubricata a mera leggenda. Un’operazione questa, che, inserita nel processo di continua demitizzazione degli eventi miracolosi, sembra voler porre la Chiesa al passo con i tempi, per risultare più credibile agli occhi del mondo. In realtà però, simili atteggiamenti non fanno altro che minare la fede dei semplici. Le autorità ecclesiastiche lauretane hanno persino tolto dalla Santa Casa il tabernacolo, rendendo così il luogo quasi una semplice mèta turistica. Ad ogni modo, è credibile pensare che il trasporto delle Sante Pareti di Nazareth sia avvenuto per mezzo di uomini? Usando anche solo un po’ di buon senso, appare chiaramente proprio di no.

La conferma della Chiesa.
Innanzittutto il 10 dicembre ricorre liturgicamente la festa della Miracolosa Traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto, e non la festa della “Beata Vergine Maria di Loreto”, come da diversi anni, in maniera subdola, si sta facendo. Ora, poiché lex orandi est lex credendi, inserire nella liturgia un miracolo del genere impegna grandemente la Chiesa. L’istituzione di questa festa, presente da sempre a livello locale, avvenne nel 1632, e fu inserita nel Martirologio Romano da Clemente IX nel 1669, dotata di Ufficio e Messa propri, con approvazione della lettura del trasporto miracoloso. Benedetto XII la estese allo Stato Pontificio e a tutte quelle diocesi e ordini religiosi che ne avessero fatto richiesta. Ebbene, nella VI Lezione del Breviario Romano era descritta brevemente la storia della Traslazione, ricordando i vari spostamenti effettuati per “Angelorum ministerio”, ovvero per mezzo degli angeli. Non è un caso poi che da secoli nelle Marche e in altre regioni dell’Italia centrale la sera del 9 dicembre si celebri la “Venuta” della Santa Casa, con l’accensione di falò come per illuminare la strada alla Vergine, che arriva nei cieli con la sua dimora. Attorno ad essi si recita il Santo Rosario e alle tre di notte, secondo la tradizione, si suonano le campane per segnalare l’avvenuto arrivo della Casa di Maria.

Ma il trasporto miracoloso delle Sante Pareti non è stato solo confermato dalla liturgia. Benedetto XV, nel 1920, dichiarò la Beata Vergine di Loreto Patrona degli Aviatori proprio a motivo del riconoscimento del “volo miracoloso” della Santa Casa. Inoltre vanno ricordate tutte le approvazioni pontificie del miracolo avvenute nel corso dei secoli: basti pensare a Paolo II, che in una Bolla del 1470 usava espressioni come “miraculose fundatam” e “angelico comitante coetu mira Dei clementia collocata est”. Stesse affermazioni fece Giulio II nel 1507, che parlò testualmente di casa “miracolosamente trasportata”. E ancor più inequivocabile fu Leone X, che con un Breve del 1515 scrisse che “è provato da testimoni degni di fede che la Santa Vergine, dopo aver trasportato per l’onnipotenza divina, la sua immagine e la propria casa da Nazareth in Dalmazia, (…) la fece deporre per il ministero degli angeli, sulla pubblica via ove trovasi tuttora”. Leone XIII poi, dedicò addirittura un’enciclica al Santuario di Loreto, la Felix Lauretana Cives (1894), in cui ebbe a dire che la Santa Casa “per benignissimo consiglio di Dio fu trasportata miracolosamente in Italia”. Qualora tutto ciò non bastasse per accreditare la veridicità storica delle Traslazioni miracolose, vi sono le rivelazioni private fatte, tra gli altri, a Santa Caterina da Bologna e alla Beata Anna Caterina Emmerich.

Scienza, archeologia e… buon senso a favore del miracolo.
Per chi non fosse persuaso da questi argomenti, si possono illustrare altre motivazioni a sostegno della verità delle Miracolose Traslazioni. Dal punto di vista storico e archeologico, infatti, sono accertate in modo indiscutibile “almeno” cinque “traslazioni miracolose”, tra il 1291 e il 1296: a Tersatto (nell’ex-Jugoslavia), ad Ancona (località Posatora), nella selva della signora Loreta nella pianura sottostante l’attuale cittadina di “Loreto” (il cui nome deriva proprio da quella signora di nome “Loreta”); poi sul campo di due fratelli sul colle lauretano (o Monte Prodo) e infine sulla pubblica strada, ove ancor oggi si trova, sotto la cupola dell’attuale Basilica (cfr. in Internet: www.lavocecattolica.it/santacasa.htm). Ora, in tutti i luoghi in cui la Santa Casa si è posata e vi è rimasta sono state edificate delle chiese, a testimonianza dell’evento prodigioso. È mai possibile che le autorità ecclesiastiche, sempre così prudenti, abbiano edificato - all’epoca delle “traslazioni” - dei luoghi di culto in ricordo di “un miracolo” senza mai essere state smentite da nessuno? Se davvero il trasporto fosse avvenuto per mano umana, perché la gente avrebbe dovuto accettare la versione miracolosa dei fatti? E poi, perché così tanti spostamenti umanamente inspiegabili? Sarebbe stato tecnicamente possibile trasportare per così tante volte delle pietre che poi sono state perfettamente risistemate? E ancora: perché collocare definitivamente la Santa Casa nel mezzo di quella che all’epoca era una strada pubblica dove, secondo la legge, nulla si doveva costruire, pena l’abbattimento? L’architetto Federico Mannucci, in una relazione del 1923, ebbe a dire che “è assurdo solo pensare che il sacello possa essere stato trasportato con mezzi meccanici” e rivelò che “è sorprendente e straordinario il fatto che l’edificio della Santa Casa, pur non avendo alcun fondamento, situato sopra un terreno di nessuna consistenza e disciolto e sovraccaricato, seppure parzialmente, del peso della volta costruitavi in luogo del tetto, si conservi inalterato, senza il minimo cedimento e senza una benché minima lesione sui muri”. Anche l’architetto Giuseppe Sacconi constatò che “la Santa Casa sta parte appoggiata sopra l’estremità di un’antica strada e parte sospesa sopra il fosso attiguo”, ragion per cui non può essere stata fabbricata, come è, nel posto in cui si trova. 
C’è anche un altro elemento da rilevare. La malta con cui le sante pietre sono murate è proveniente dalla Palestina. Come è possibile se il tutto fosse stato rifabbricato dopo il trasporto su nave? E come è possibile che, a seguito di tanti spostamenti e di molteplici ricostruzioni, non si sia minimamente alterata la perfetta geometria della Casa, che peraltro combacia esattamente con le dimensioni delle fondamenta rimaste a Nazareth? (cfr. in Internet: www.lavocecattolica.it/intervista.zenit.htm). È stato poi acclarato recentemente che il Chartularium culisanense, documento che secondo alcuni proverebbe il trasporto “umano”, per mezzo della famiglia Angeli o De Angelis dell’Epiro, risulta in realtà a tutti gli effetti un falso storico. Tra l’altro, il testo risalirebbe al 1294, tre anni dopo il miracoloso trasporto della Casa a Tersatto. E poiché è attestato che nel 1294 la Casa non era più a Nazareth, ma a Tersatto, la famiglia Angeli non avrebbe potuto portar via nulla direttamente dalla Palestina, come invece si è detto. Anche la storia di presunti documenti dell’Archivio Segreto Vaticano è assai discutibile. Questi documenti, infatti, non sono mai stati trovati. Ma anche ammettendo che siano esistiti e magari fatti sparire per salvare la tradizione, in essi, così come nel Chartularium culisanense, si sarebbe parlato di trasporto di pietre della Santa Casa e non delle tre Pareti. Invece da sempre si sa che furono le mura “integre” ad essere trasportate e non alcune loro pietre. Insomma, ci vuole davvero molta più fede a credere nell’intervento umano che non a quello divino.

Federico Catani - Tele Maria 

lunedì 7 dicembre 2015

DUE PAPI PER L'APERTURA DELLA PORTA SANTA

Ci sarà anche il Papa emerito Benedetto XVI all’apertura della Porta Santa il prossimo 8 dicembre. Ne dà notizia padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Padre Lombardi ha comunicato che il Papa emerito Benedetto XVI ha "accettato l'invito di Papa Francesco per la cerimonia di apertura della Porta Santa" a San Pietro. Benedetto XVI non seguirà tutta la cerimonia, ma "sara’ presente nell’Atrio della Basilica in occasione del rito di apertura". La Porta Santa della Basilica di San Pietro verrà aperta al termine della celebrazione eucaristica dell'8 dicembre, giorno in cui inizierà l'Anno Santo straordinario della Misericordia. L'inizio del Giubileo sarà dunque un'altra occasione di vedere insieme Papa Francesco e il Papa emerito Benedetto XVI. Dal giorno della rinuncia, sono stati diversi gli incontri tra Benedetto XVI e Papa Francesco, arricchiti da diverse presenze pubbliche del Papa emerito, sempre su invito di Papa Francesco. Così, Benedetto XVI ha partecipato al primo concistoro di Papa Francesco il 22 febbraio 2014; ha partecipato alla festa dei Nonni il 27 settembre 2014; ed ha concelebrato alla Messa di Canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, il 27 aprile 2014. I due Papi si sono anche visti più volte, in forma privata. Il primo incontro fu a Castel Gandolfo il 23 marzo 2013, quando Papa Francesco andò a trovare il Papa emerito. I due si sono poi rivisti il 2 maggio 2013, quando Benedetto XVI è tornato in Vaticano. Il 5 luglio 2013, i due Papi hanno benedetto insieme la statua di San Michele Arcangelo nei Giardini Vaticani. E il 23 dicembre 2013 Francesco è andato al Mater Ecclesiae per gli auguri di Natale a Benedetto e quest’ultimo ha ricambiato la visita andando a pranzare con Bergoglio a Santa Marta. (Acistampa)

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mercoledì 2 dicembre 2015

L'INTERVISTA DI PAPA FRANCESCO AL SETTIMANALE 'CREDERE'

Pubblichiamo di seguito il testo dell’intervista che Papa Francesco ha rilasciato al settimanale “Credere”, rivista ufficiale del Giubileo della Misericordia:

1. Padre Santo, ora che stiamo per entrare nel vivo del Giubileo, ci può spiegare quale moto del cuore l’ha spinta a mettere in risalto proprio il tema della misericordia? Quale urgenza percepisce, a tale riguardo, nell’attuale situazione del mondo e della Chiesa?
Il tema della misericordia si va accentuando con forza nella vita della Chiesa a partire da Paolo VI. Fu Giovanni Paolo II a sottolinearlo fortemente con la Dives in misericordia, la canonizzazione di Santa Faustina e l’istituzione della festa della Divina Misericordia nell’Ottava di Pasqua. Su questa linea, ho sentito che c’è come un desiderio del Signore di mostrare agli uomini la Sua misericordia. Non è quindi venuto in mente a me, ma riprendo una tradizione relativamente recente, sebbene sempre esistita. E mi sono reso conto che occorreva fare qualcosa e continuare questa tradizione. Il mio primo Angelus come Papa fu sulla misericordia di Dio e in quell’occasione parlai anche di un libro sulla misericordia regalatomi dal cardinale Walter Kasper durante il Conclave; anche nella mia prima omelia come Papa, domenica 17 marzo nella parrocchia di Sant’Anna, parlai della misericordia. Non è stata una strategia, mi è venuto da dentro: lo Spirito Santo vuole qualcosa. È ovvio che il mondo di oggi ha bisogno di misericordia, ha bisogno di compassione, ovvero di patire con. Siamo abituati alle cattive notizie, alle notizie crudeli e alle atrocità più grandi che offendono il nome e la vita di Dio. Il mondo ha bisogno di scoprire che Dio è Padre, che c’è misericordia, che la crudeltà non è la strada, che la condanna non è la strada, perché la Chiesa stessa a volte segue una linea dura, cade nella tentazione di seguire una linea dura, nella tentazione di sottolineare solo le norme morali, ma quanta gente resta fuori. Mi è venuta in mente quell’immagine della Chiesa come un ospedale da campo dopo la battaglia; è la verità, quanta gente ferita e distrutta! I feriti vanno curati, aiutati a guarire, non sottoposti alle analisi per il colesterolo. Credo che questo sia il momento della misericordia. Tutti noi siamo peccatori, tutti portiamo pesi interiori. Ho sentito che Gesù vuole aprire la porta del Suo cuore, che il Padre vuole mostrare le Sue viscere di misericordia, e per questo ci manda lo Spirito: per muoverci e per smuoverci. È l’anno del perdono, l’anno della riconciliazione. Da un lato vediamo il traffico di armi, la produzione di armi che uccidono, l’assassinio d’innocenti nei modi più crudeli possibili, lo sfruttamento di persone, minori, bambini: si sta attuando – mi si permetta il termine – un sacrilegio contro l’umanità, perché l’uomo è sacro, è l’immagine del Dio vivo. Ecco, il Padre dice: “fermatevi e venite a me”. Questo è quello che io vedo nel mondo.

2. Lei ha detto che, come tutti i credenti, si sente peccatore, bisognoso della misericordia di Dio. Che importanza ha avuto nel suo cammino di sacerdote e di vescovo la misericordia divina? Ricorda in particolare un momento in cui ha sentito in maniera trasparente lo sguardo misericordioso del Signore sulla sua vita?
Sono peccatore, mi sento peccatore, sono sicuro di esserlo; sono un peccatore al quale il Signore ha guardato con misericordia. Sono, come ho detto ai carcerati in Bolivia, un uomo perdonato. Sono un uomo perdonato, Dio mi ha guardato con misericordia e mi ha perdonato. Ancora adesso commetto errori e peccati, e mi confesso ogni quindici o venti giorni. E se mi confesso è perché ho bisogno di sentire che la misericordia di Dio è ancora su di me. Mi ricordo – l’ho già detto molte volte – di quando il Signore mi ha guardato con misericordia. Ho avuto sempre la sensazione che avesse cura di me in un modo speciale, ma il momento più significativo si verificò il 21 settembre 1953, quando avevo 17 anni. Era il giorno della festa della primavera e dello studente in Argentina, e l’avrei trascorsa con gli altri studenti; io ero cattolico praticante, andavo alla messa della domenica, ma niente di più... ero nell’Azione Cattolica, ma non facevo nulla, ero solo un cattolico praticante. Lungo la strada per la stazione ferroviaria di Flores, passai vicino alla parrocchia che frequentavo e mi sentii spinto a entrare: entrai e vidi venire da un lato un sacerdote che non conoscevo. In quel momento non so cosa mi accadde, ma avvertii il bisogno di confessarmi, nel primo confessionale a sinistra – molta gente andava a pregare lì. E non so cosa successe, ne uscii diverso, cambiato. Tornai a casa con la certezza di dovermi consacrare al Signore e questo sacerdote mi accompagnò per quasi un anno. Era un sacerdote di Corrientes, don Carlos Benito Duarte Ibarra, che viveva nella Casa del Clero di Flores. Aveva la leucemia e si stava curando in ospedale. Morì l’anno successivo. Dopo il funerale piansi amaramente, mi sentii totalmente perso, come col timore che Dio mi avesse abbandonato. Questo è stato il momento in cui mi sono imbattuto nella misericordia di Dio ed è molto legato al mio motto episcopale: il 21 settembre è il giorno di San Matteo, e Beda il Venerabile, parlando della conversione di Matteo, dice che Gesù guardò Matteo “miserando atque eligendo”. Si tratta di un’espressione che non si può tradurre, perché in italiano uno dei due verbi non ha gerundio, neppure in spagnolo. La traduzione letterale sarebbe “misericordiando e scegliendo”, quasi come un lavoro artigianale. “Lo misericordiò”: questa è la traduzione letterale del testo. Quando anni dopo, recitando il breviario latino, scoprii questa lettura, mi accorsi che il Signore mi aveva modellato artigianalmente con la Sua misericordia. Ogni volta che venivo a Roma, poiché alloggiavo in via della Scrofa, andavo nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a pregare davanti al quadro del Caravaggio, appunto la Vocazione di san Matteo.

3. Secondo la Bibbia, il luogo dove dimora la misericordia di Dio è il grembo, le viscere materne, di Dio. Che si commuovono al punto da perdonare il peccato. Il Giubileo della misericordia può essere un’occasione per riscoprire la “maternità” di Dio? C’è anche un aspetto più “femminile” della Chiesa da valorizzare?
Sì, Lui stesso lo afferma quando dice in Isaia che si dimentica forse una madre del suo bambino, anche una madre può dimenticare... “io invece non ti dimenticherò mai”. Qui si vede la dimensione materna di Dio. Non tutti comprendono quando si parla della “maternità di Dio”, non è un linguaggio popolare – nel senso buono della parola – sembra un linguaggio un po’ eletto; perciò preferisco usare la tenerezza, propria di una mamma, la tenerezza di Dio, la tenerezza nasce dalle viscere paterne. Dio è padre e madre.

4. La misericordia, sempre se ci riferiamo alla Bibbia, ci fa conoscere un Dio più “emotivo” di quello che talvolta ci immaginiamo. Scoprire un Dio che si commuove e si intenerisce per l’uomo può cambiare anche il nostro atteggiamento verso i fratelli?
Scoprirlo ci porterà ad avere un atteggiamento più tollerante, più paziente, più tenero. Nel 1994, durante il Sinodo, in una riunione dei gruppi, dissi che si doveva instaurare la rivoluzione della tenerezza, e un Padre sinodale – un buon uomo, che io rispetto e al quale voglio bene – già molto anziano, mi disse che non conveniva usare questo linguaggio e mi diede spiegazioni ragionevoli, da uomo intelligente, ma io continuo a dire che oggi la rivoluzione è quella della tenerezza perché da qui deriva la giustizia e tutto il resto. Se un imprenditore assume un impiegato da settembre a luglio, gli dissi, non fa la cosa giusta perché lo congeda per le vacanze a luglio per poi riprenderlo con un nuovo contratto da settembre a luglio, e in questo modo il lavoratore non ha diritto all’indennità, né alla pensione, né alla previdenza sociale. Non ha diritto a niente. L’imprenditore non mostra tenerezza, ma tratta l’impiegato come un oggetto – tanto per fare un esempio di dove non c’è tenerezza. Se ci si mette nei panni di quella persona, invece di pensare alle proprie tasche per qualche soldo in più, allora le cose cambiano. La rivoluzione della tenerezza è ciò che oggi dobbiamo coltivare come frutto di questo anno della misericordia: la tenerezza di Dio verso ciascuno di noi. Ognuno di noi deve dire: “sono uno sventurato, ma Dio mi ama così; allora anche io devo amare gli altri nello stesso modo”.

5. È famoso il “discorso alla luna” di papa Giovanni XXIII, quando, una sera, salutò i fedeli dicendo: “Date una carezza ai vostri bambini”. Quell’immagine divenne un’icona della Chiesa della tenerezza. In che modo il tema della misericordia potrà aiutare le nostre comunità cristiane a convertirsi e a rinnovarsi?
Quando vedo i malati, gli anziani, mi viene spontanea la carezza.… La carezza è un gesto che può essere interpretato ambiguamente, ma è il primo gesto che fanno la mamma e il papà col bambino appena nato, il gesto del “ti voglio bene”, “ti amo”, “voglio che tu vada avanti”.

6. Ci può anticipare un gesto che intende fare durante il Giubileo per testimoniare la misericordia di Dio?

Ci saranno tanti gesti che si faranno, ma un venerdì di ogni mese farò un gesto diverso.

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